Ciclone Podemos, Podemos sconvolge la Spagna, Le amministrative a Podemos. Sono alcuni dei titoli che leggo stamattina sulla stampa italiana, che Podemos ha avuto il merito di sottrarre per l’occasione al torpore che spesso caratterizza la copertura dell’informazione internazionale. E forse per questo sono titoli un po’ strillati. Provo qui a mettere insieme alcune riflessioni.
- Nessuna rivoluzione ma un terremoto sí. Le elezioni amministrative sono state un importantissimo banco di prova per i nuovi partiti e, soprattutto, per la tenuta dei “vecchi”. Il Partido Popular, che governa il paese, rimane il primo partito ma è una vittoria di Pirro. Ha perso la maggioranza assoluta nei suoi bastioni tradizionali ed è passato da un 37,5% nel voto municipale in tutto il paese al 27%, a appena due punti di distanza del PSOE (prima erano 10). Le sconfitte che più scottano sono quelle di Madrid, Valencia e Castilla-La Mancha, tradizionali feudi dei popolari che per anni hanno costruito la base del consenso sulla forza de potere a livello locale.
El PP ahora disimula. Pero en cuando vea la enorme pérdida de poder que supone lo de anoche van a empezar los cuchillos. Durísimo golpe.
— Carlos E. Cué (@carlosecue) Mayo 25, 2015
L’ “effetto Cameron” che si credeva potesse ripetersi a Madrid (con una vittoria del partido al potere che esibisce come un trionfo i dati della ripresa economica del paese) non solo non c’è stato ma i risultati delle nuove opposizioni sono state superiori alle aspettative. Però è presto per titolare “Podemos sconvolge la Spagna”. Per varie ragioni. È alle comunali, dove la formazione di Pablo Iglesias non si è presentata con la propria marca ma ha appoggiato liste civiche, dove ci sono stati i risultati migliori. Mentre alle regionali al partito di Iglesias per il momento on è riuscito ancora il sorpasso del PSOE (con cui dovrà pattare per governare in posti chiave come il Comune di Madrid). Detto ciò, non bisogna dimenticare che Podemos è nato come partido a marzo 2014 e, in pochi mesi, è stato capace di dare uno scossone al panorama politico nazionale.
- Il bipartitismo non è morto ma i medici dicono che è grave. È forse prematuro parlare di fine del bipartitismo in Spagna. Ma è certa una cosa: si apre una nuova stagione di patti e coalizioni, in contesto dove i protagonisti sono ora almeno quattro. I due principali partiti hanno perso 3 milioni di voti in totale. Continuano a rappresentare più del 50% dei voti (52 per l’esattezza) ma quattro anni fa era il 65%. Una buona rappresentazione della perdita del voto in questo gráfico de El Español.
La crisis del bipartidismo español en un solo gráfico de @pabloromero y @eduardosuarez http://t.co/FqfdS7IkCx #24M pic.twitter.com/bAQUAIAdCF — El Español (@elespanolcom) Mayo 25, 2015
- L’eredità del 15M. Una delle letture più importanti del voto di ieri, soprattutto a Madrid e Barcellona, è che nel risultato di ieri c’è anche l’eredità del movimento degli indignados. I movimenti di base, le assemblee cittadine nate dopo le grandi manifestazioni di quattro anni fa sono confluiti nelle liste civiche liderate dall’ex giudice Manuela Carmena nella capitale e da Ada Colau, la energica attivista del movimento anti-sfratti (che ho raccontato in passato nel blog), a Barcellona. Ora arriva la prova del fuoco per dimostrare che si può essere “di piazza e di governo” senza perdere la faccia.
- Podemos ma anche Ciudadanos. Se il grande elemento di rottura è senza dubbio la formazione di Pablo Iglesias, l’altro nuovo protagonista è il partito guidato da Albert Rivera. Anche se i sondaggi gli avevano dato un peso maggiore di quello che ha poi ottenuto, è chiaro che il salto fatto nei mesi scorsi da partito regionale catalano a formazione con ambizioni nazionali è riuscito. Per governare l’assemblea regionale di Madrid, il PP ha bisogno del suo appoggio, per niente scontato.
Ci aspettano mesi interessanti. A fine anno ci sono le elezioni politiche ed è lì dove si misureranno realmente le vittorie e le sconfitte di ieri.